Credo sia giunto il momento di chiamare in causa le nostre coscienze per cercare di capire fin dove può spingersi la nostra tolleranza e qual’è la linea oltre la quale essa diviene intollerabilità. Resta inteso che il contrario della tolleranza é l’intolleranza, ma in questa sede importa evidenziare che si ritiene più rilevante porre l’accento sulla volontarietà dell’atto che ci porta a sentire qualcosa come intollerabile che non sul meccanismo che determina l’inversione del nostro sentire. Si può ritenere che la tolleranza sia un’inclinazione civile a vivere in armonia con persone dalle opinioni e dalle abitudini diverse o addirittura opposte alle nostre. La tolleranza non é mera indifferenza, ma qualcosa che comporta la sopportazione di ciò che non ci piace, ma essere tolleranti non ci deve impedire di formulare critiche ragionate né deve obbligarci a sottacere il nostro modo di pensare per non sollecitare la suscettibilità di chi la pensa in modo divergente. La tolleranza ha una doppia direzione, vale a dire che il prezzo di non proibire o di non interferire nel comportamento del prossimo, ha come contropartita, che questi si rassegni ad accettare le obiezioni di chi ha gusti diversi. Certo, in molti casi la cortesia raccomanda la moderazione, ma si tratta di una scelta volontaria, non di un obbligo di legge. Essere tollerante non significa essere universalmente acquiescente. Oltretutto ciò che va sempre rispettato sono le persone, non le loro opinioni o i loro comportamenti. Naturalmente la tolleranza esige una cornice condivisa di istituzioni che devono essere rispettate da tutti: chi le nega o le avversa nega anche il proprio diritto ad essere tollerato. Uno dei pilastri della tolleranza é circoscrivere ciò che la espone a rischio, cioè, sia l’intolleranza che l’intollerabile e combatterlo in modo democratico. Lo scrittore svedese Lars Gustafsson l’ha riassunto egregiamente “ La tolleranza dell’intolleranza genera intolleranza. L’intolleranza dell’intolleranza genera tolleranza”. Vale a dire che se si accettano, da parte di chi governa (in qualunque contesto), forme di imposizione di norme contrarie a ciò che si é accettato come regola, in nome della tolleranza, si incoraggiano forme di arroganza e di eccesso di potere in taluni gruppi, organizzati come lobby, che non ammettono critiche contrarie e trasformano ogni forma di
opposizione in una sorta di ribellione o incapacità di vivere in contesti sociali. Stabilire che chi dissente é un disadattato é una delle più antiche pratiche totalitarie. Vale la pena, allora, di spendere un elogio di quell’intolleranza che si genera al cospetto di atti volti ad imporre un volere contrario alle regole stabilite, giocherellando con le norme che vengono osservate o negate a seconda della convenienza. Però la storia insegna che i “governanti” più intolleranti sono quelli che cadono più facilmente non appena si prenda coscienza della loro identità e si esprima il dissenso che rompe l’uniformità costituita. Fine.
Alle Socie FIDAPA
Sempre a proposito di tolleranza: vi chiedo se é possibile tollerare, all’interno della FIDAPA, che sulla circolare venga data notizia dell’epurazione di componenti del CdA della Fondazione, nominate dalla Federazione, a norma di Statuto, nello scorso biennio ( e mai convocate perchè sgradite alla Presidente della Fondazione). E’ tollerabile che ciò sia avvenuto senza ragione ovvero che si faccia passare come motivo accettabile dell’epurazione “... un atteggiamento di forte opposizione non conciliabile con l’orientamento conciliativo della Federazione e della Fondazione”. Di quale atteggiamento si parla? Se l’opposizione é un reato, addio democrazia!!! E poi chi sono le persone escluse? Il Magnifico Rettore dell’Università di Ancona, un Magistrato, l’ex Vicepresidente della Regione Piemonte. Roba da niente. Sostituite da chi? ? Non risulta che da parte di queste persone ci sia mai stata alcuna forma di opposizione. Mentre i membri del gruppo a, (nominati a norma di Statuto e anch’essi epurati) hanno osato difendersi.
D’ora in avanti sappiano le Socie della FIDAPA che non ci si deve mai opporre e che “Obbligo di tutte é ora quello di rispettare la volontà del Consiglio Nazionale (circolare nazionale di gennaio 2008) espressa nel rispetto delle norme statutarie e regolamentari della Federazione e della Fondazione”. Mi permetto di esprimere molti fondati dubbi su quest’ultima affermazione: le decisioni sono state assunte da persone, certamente in buona fede, ma disinformate o informate affrettatamente in loco. Quando si parla di obbligo in una associazione mi spavento e comprendo che la FIDAPA nella quale per tanti anni ho creduto non é questa. Nella FIDAPA ho sempre combattuto per l’affermazione dei principi nei quali credevo e credo, mai contro le persone che poco contano al cospetto degli ideali. Perciò dichiaro di non volermi sottomettere a ciò che é ingiusto, perciò dichiaro di non poter tollerare che le regole vengano stiracchiate e strumentalmente usate. Non temo le facili accuse, non temo l’altrui intolleranza delle regole democratiche. E’ stato cancellato il CPN. Desaparecido. Si preferisce affidare all’organo in cui si é certi di avere la maggioranza (troppo spesso col doppio voto della Presidente nelle votazioni pari) decisioni non di competenza, pur di avere la meglio. Chi lo volesse può richiedermi documenti, farmi domande o critiche: ho predicato la tolleranza, non tradirò me stessa. Ma, per favore, fatemi credere che democrazia e giustizia ancora esistano nella FIDAPA: desaperecidos e colpi di mano, arroganza e metodi autoritari devono essere prerogativa di paesi sudamericani, non di libere associazioni.
giovedì 17 gennaio 2008
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